Da Mithra a Cristo: il furto del culto del Sole
Gesù non nacque in 25 dicembre
Qual è la prima risposta che viene in mente alla domanda: «Quale personaggio divino nacque il 25 dicembre in una grotta, da una madre vergine, morì e risorse?». Senz’altro, la risposta più “ovvia” sarebbe “Gesù Cristo”, ma la risposta non è così scontata…
Sono costretta ancora una volta ad ammettere che la Chiesa cristiana del IV secolo compì un lavoro eccellente:
nella costruzione del personaggio principale della fiction che si prefisse di produrre attinse ancora una volta ad antichi miti, così da offrire ai fedeli qualcosa cui erano già abituati e, contemporaneamente, collaudò con successo un preciso know-how che si sarebbe rivelato utile nei secoli successivi.
La grotta della Natalità è un plagio?
Torniamo alla nascita di Gesù: scopriamo che la scenografia riassunta nell’iconografia del Natale non viene menzionata dai vangeli, dove non c’è nemmeno l’immagine che ha ispirato uno dei più celebri canti natalizi.
La grotta, infatti, l’elemento più caratteristico nel racconto della Natalità non esiste: Luca cita frettolosamente una “mangiatoia” (Lc 2, 6-7), ma non dice dove questa si trovi, (probabilmente in una stalla); Matteo, a proposito della visita dei Magi, afferma che il bambino era in una casa (Mt 2, 11), forse la stessa in cui si trovava la stalla dove c’era la mangiatoia citata da Luca.
Però è un dato piuttosto ricorrente in altre tradizioni: infatti, in mitologie, culti e religioni di altri popoli è possibile ritrovare altre figure divine che nacquero in una grotta. In alcuni casi perfino da una madre vergine, e poi che morirono e risorsero.
Il culto di Mithra
Compiendo un grande salto all’indietro nel tempo, vediamo come la più remota religione di cui si abbia notizia sia l’induismo, tra le cui principali divinità troviamo quelle che compongono la Trimurti: Brahma, il creatore, Vishnu, il conservatore e Śiva il distruttore.
Nei Veda – i libri sacri dell’induismo, ndr.– compare Mithra, uno dei molteplici avatāra (ossia incarnazioni) di Vishnu, che è il sommo garante di giustizia e difensore della verità. Lo stesso personaggio, opportunamente modificato, approdò in seguito in Persia, dove mantenne il suo nome e divenne una divinità centrale, declassata solo dall’avvento dello zoroastrismo.

Rappresentazione di Mithra
Il mitraismo si diffuse nell’Impero a partire dal i secolo a.C. e raggiunse il suo apice tra il III e il IV d.C. Nel III secolo, i culti popolari di Helios/Apollo e Mithra iniziarono a fondersi e comparve il culto del Sol Invictus, che Aureliano rese ufficiale nel 274 edificando un tempio e istituendo una classe sacerdotale a lui dedicata, i «Pontifices Solis Invicti».
Dunque, con l’espansione del mitraismo nell’Impero e successivamente a Roma, il culto indoiranico subì numerose contaminazioni e ben presto dilagò come religione pubblica. Va anche sottolineato che il mitraismo non era l’unico culto misterico presente a Roma: ve ne erano molti altri che prevedevano vari gradi di iniziazione e offrivano promesse di resurrezione, originari dell’Egitto, della Frigia e dell’Asia Minore, della Siria, e molti altri ancora.
Le leggende sulla nascita e sulla storia di Mithra sono numerose e sono state ricavate dalle testimonianze del suo culto rinvenute nei mitrei, ossia le grotte sotterranee presso le quali gli iniziati compivano i loro riti, dove sono stati ritrovati altari, statue, affreschi. In sintesi, la storia di Mithra si può riassumere come segue:
nacque da una pietra, detta Petra Genitrix o Petra Virginis, all’interno di una grotta, il 25 dicembre, caratteristica comune a molti altri dèi e semidei dal forte ed evidente valore simbolico, poiché subito dopo il solstizio d’inverno il Sole pare iniziare la propria risalita nel cielo.
Fu proprio il suo accostamento con il Sole (con il Sol Invictus la cui festa fu fissata da Aureliano il 25 dicembre) a fornire preziosi spunti alla Chiesa del IV secolo.
Una coincidenza piuttosto bizzarra, non trovate?
Ma anche secondo un’altra tradizione molto antica nacque un miracoloso bambino dal sangue divino e cui similarità con Cristo sono numerose…
La nascita di Horus
Si tratta di Horus, che l’antica tradizione egizia fa nascere nei giorni del Solstizio d’inverno (ossia tra il 21 e il 25 dicembre).
Al di là delle numerose interpretazioni e delle versioni di fantasia, il concepimento di Horus fu “miracoloso”: il padre Osiride, infatti, venne ucciso dal fratello Seth che ne occultò il cadavere, ma Iside, la compagna di Osiride, riuscì a ritrovarlo, a congiungervisi e a concepire Horus.
Esistono due versioni di questo racconto, e in entrambe Iside è assimilata a una delle tante “madri vergini” della Storia, un mito antichissimo riassunto dalle parole dell’Atharva-Veda, una delle quattro suddivisioni canoniche dei Veda, composto tra il 2000 e il 1100 a.C., a proposito del concepimento di Krishna: «La volontà dei deva fu compiuta; tu concepisti nella purezza del cuore e dell’amore divino. Vergine e madre, salve! Nascerà da te un figlio e sarà il salvatore del mondo».
Paolo di Tarso: un’ammissione di furto?
Si potrebbe continuare ancora citando altri dèi o semidei la cui storia ha ora l’una, ora l’altra caratteristica in comune con quelle del Cristo uscito da Nicea, ma ne salterebbe fuori un elenco ripetitivo. Tra i figli di madri vergini nati in circostanze precarie, nel periodo del Solstizio d’inverno, il personaggio dei vangeli fu l’ultimo arrivato, così come tra quelli morti e risorti.
Giustino, apologeta cristiano del II secolo, scrisse: «E anche quando affermiamo che il Logos, che è il primogenito di Dio, fu prodotto senza unione sessuale, e che Lui, Gesù Cristo, nostro Maestro, fu crocifisso e morì, e risorse di nuovo, e ascese al cielo, non proponiamo nulla di diverso da cosa credete riguardo coloro che considerate figli di Zeus».
Questo brano, estratto dalla Prima Apologia dei cristiani, per difendere i cristiani la cui situazione, dopo le persecuzioni, non era completamente tranquilla. E non trovò di meglio che rassicurare l’imperatore e il Senato affermando come la religione che i loro precedenti colleghi avevano combattuto non fosse diversa, nei contenuti, da quelle praticate a Roma e nel resto dell’Impero.
Un’ammissione in linea con quelle del buon Giustino, però, proviene da una precedente fonte: Paolo di Tarso.
Questi, infatti, nella prima lettera ai Corinzi aveva affermato: «In realtà, anche se vi sono cosiddetti dèi sia nel cielo che sulla terra – e difatti ci sono molti dèi e molti signori – per noi c’è un solo Dio, il Padre, dal quale tutto proviene e noi siamo per lui; e un solo Signore, Gesù Cristo, in virtù del quale esistono tutte le cose e noi esistiamo grazie a lui» (1 Cor 8, 5-6).
Il risultato di tale operazione di “copia e incolla” fu definitivamente consacrato a Nicea nel 325, dove vennero scelti i vangeli – tra i tanti in circolazione – che riassumevano tutte le caratteristiche necessarie a rendere familiare la figura del personaggio principale di quella grande “operazione di marketing” iniziata dall’Apostolo delle genti.
… e così sorse un nuovo Sole
Per concludere, torniamo al culto del Sol Invictus e al mitraismo che furono i principali e più temuti concorrenti della Chiesa cristiana del IV secolo, sia per la loro diffusione nell’Impero e nella stessa Roma, sia perché rappresentavano la prima scelta di Costantino, che solo in seguito al rifiuto dei sacerdoti di Mithra aveva ripiegato sul cristianesimo.
Si rivelò dunque urgente inserire chiari riferimenti al sole nella favoletta che avrebbe trovato la propria consacrazione a Nicea e non fu difficile trovarli, poiché l’astro che dona luce e calore, consentendo la vita, era stato considerato un’espressione soprannaturale fin dai tempi degli uomini delle caverne e in seguito associato non solo a Mithra, ma a molti altri dèi.
Ne esistevano anche nell’Antico Testamento in Malachia e Isaia, ma anche nel Nuovo nel vangelo di Luca.
L’associazione del sole a Gesù fu dunque facile e conveniente: presentarlo come «il sole di giustizia» citato da Malachia, come il Figlio di Dio «venuto nel mondo come luce, perché chiunque crede in me non rimanga nelle tenebre» (Gv 12, 46), come il «sole che sorge» del Benedictus, significava accostare la sua immagine a quella di Mithra, del Sol Invictus e dei molti altri dèi con le stesse caratteristiche solari, operazione che avrebbe stemperato l’impatto con una nuova religione e l’avrebbe resa familiare, consentendole
di sostituirsi in sordina agli antichi culti, senza provocare scossoni nella mentalità popolare.
Su questo argomento, però, ancora oggi c’è chi tenta di barare…
Un articolo di Laura Fezia

Autore: Laura Fezia
Laura Fezia è nata a Torino, dove vive e lavora. Studiosa di antropologia, psicologia, storia, religioni, criminologia e del “mistero” in tutti i suoi molteplici aspetti, appassionata di animali e della sua città, fa la scrittrice e la ricercatrice. Ama definirsi «una laica a 720°, perché un giro solo non basta» e il suo impegno è volto non già contro la fede, ma a scardinare il perverso binomio che la lega alla Chiesa cattolica, un’istituzione millenaria costruita su falsi documenti che si pone arbitrariamente come unica intermediaria tra l’umano e il divino. Per One Books ha pubblicato "La fabbrica dei santi", "Il santo plagio", "Vittime di Eva", "Apparizioni Mariane", "Dossier Fatima", "L'inganno della croce" e "Chiesa criminale".
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