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DNA non codificante: una prova di manipolazione extraterrestre?

Le origini dell’umanità nascondono troppi misteri

I misteri che circondano l’origine dell’essere umano continuano a non dare risposte certe, e per quanto gli scienziati continuino a porsi domande e ad indagare, la ricerca di risposte sembra fornire ogni volta più incognite che risposte.

Una soluzione la si può ritrovare nei testi sacri in cui ciò che si legge è come l’intervento divino ci abbia messo lo zampino, ma in quanti sono ancora disposti ad accettare la teoria del Creazionismo?

E se la risposta fosse invece scritta proprio dentro di noi, celata al sicuro in ogni fibra del nostro corpo?

Perché non ricercarla nel DNA?

Il DNA si presenta nelle specie superiori lineare e composto da due filamenti appaiati che si avvolgono intorno allo stesso asse a formare una doppia elica.

Ogni filamento è costituito da una successione di elementi chiamati “nucleotidi” disposti in sequenze nella molecola, e queste sono veicolo di informazioni.

Purtroppo non siamo ancora in grado di leggere queste informazioni dall’inizio alla fine nello stesso modo in cui leggeremmo un libro a causa della loro complessità.

DNA non codificante

Quando parliamo del genoma umano, siamo soliti concentrare l’attenzione sulla componente che contiene geni che è detta “componente codificante”.

Il DNA codificante rappresenta però soltanto il 3% dell’intero genoma umano e le nostre indagini sarebbero solo parziali se non prendessimo in considerazione anche la parte del genoma che si interpone tra i comuni geni e che, nel suo insieme, risulta ancora molto criptica…DNA non codificante extraterrestre

Impropriamente definito in gergo “DNA spazzatura” proprio perché privo di geni, questa enorme quantità di DNA rappresenta ancora un rompicapo di non facile soluzione per chi si occupa di genomica ed evoluzione molecolare.

Ma quali sono i motivi della sua persistenza nel nostro genoma?

Le proposte della scienza

Se tale DNA non è funzionale, come mai, nel corso dell’evoluzione, l’essere umano non è progressivamente riuscito a liberarsene, ottimizzando così l’enorme dispendio energetico necessario per replicarlo e tramandarlo?

Oggi è sempre più diffusa l’idea che questo DNA non sia fine a se stesso ma nasconda una serie di funzioni fondamentali che ne giustificherebbero la sua considerevole presenza.

Sebbene le ricerche su questa vasta porzione di genoma percorrano ormai sentieri molto diversificati, due filoni di indagine catturano maggiormente la nostra attenzione:

  • Individuare sequenze di controllo: recenti analisi hanno rivelato che un gran numero di regioni del genoma umano, pur non contenendo geni, esplicano un fondamentale ruolo di controllo nei confronti dell’azione di interi gruppi di geni, generalmente coinvolti in processi di sviluppo morfologico;
  • Provare la manipolazione del genoma: per quanto le indagini siano (per ora) prive di ufficialità, alcuni studiosi stanno ricercando nel genoma eventuali schemi non propriamente casuali e incoerenti con un’evoluzione naturale che possano rappresentare il risultato di una precisa intenzionalità.

In sintesi, quest’area d’indagine cerca di individuare nelle sequenze nucleotidiche dei “messaggi molecolari” in grado di costituire la prova empirica di una maestra civiltà che avrebbe guidato il processo di Ominazione.

La proposta di Paul Davies

Il professor Paul Charles Davies, noto astrofisico accademico dell’Arizona State University, sposa questa linea di ricerca.

Davies punta sulla necessità di una indagine ufologica che abbracci finalmente anche l’ambito biologico e prenda in esame la possibilità che ciò che cerchiamo a migliaia di anni luce da noi o in luoghi inaccessibili sulla Terra, si trovi invece sotto il nostro naso.

Ritiene che ricercare oggi sulla Terra prove materiali di possibili oggetti tecnologici abbandonati in epoche assai lontane per dimostrare il transito di una civiltà extraterrestre, sia una strategia poco efficace.

Informazioni nascoste nel DNA

Davies ritiene invece più plausibile che civiltà aliene evolute abbiano sagacemente sfruttato conoscenze biotecnologiche, per lasciarci precise informazioni all’interno di quella durevole struttura molecolare che è il DNA.

Una volta integrate nel genoma dei nostri progenitori, tali informazioni sarebbero state poi trasmesse, inalterate o quasi, di generazione in generazione, fino allo sviluppo di un’umanità finalmente in grado di scoprirle e comprenderle.

Non abbiamo idea del tipo di messaggi interni al DNA che andrebbero ricercati. Di certo parliamo di indagini che non potrebbero prescindere dall’utilizzo combinato di opportune strategie informatiche.

Un misterioso messaggio nel nostro genoma?

Alcuni scienziati dell’Università di Washington hanno scoperto che in realtà il genoma umano contiene un secondo codice distinto da quello già conosciuto: una sorta di codice nel codice in cui il primo fornisce le istruzioni affinché i geni si esprimano, mentre il secondo fornirebbe alla cellula le istruzioni per controllare tale espressione.

John Stamatoyannopoulos, genetista a capo del gruppo di ricerca, spiega che questo nuovo codice è perfettamente sovrapposto al primo ed è questo il motivo per cui era impossibile individuarlo, senza gli attuali strumenti di indagine computazionale.

È impossibile prevedere a cosa porteranno le future ricerche in un ambito così complesso come quello della genomica ma una cosa è chiara: il DNA ha evidentemente ancora molto da rivelarci.

 

Un articolo di Pietro Buffa

Autore: Pietro Buffa

Pietro Buffa nasce a Palermo nel 1973. Biologo Molecolare e Ph.D si specializza in Bioinformatica presso l'Università “La Sapienza” di Roma. Svolge da oltre quindici anni attività di ricerca nel settore della genomica e dell'analisi computer assistita di bio-sequenze. Vincitore del premio internazionale Marie Curie, ha lavorato per tre anni al King's College di Londra in qualità di Post Doctoral Research Associate, conducendo studi in ambito oncologico-molecolare. Autore di svariate pubblicazioni scientifiche e saggista. Da alcuni anni si interessa di specifiche tematiche “di confine” portando avanti indagini che collegherebbero le origini umane alla controversa teoria degli “antichi astronauti” e alla possibilità di una nostra evoluzione biologica etero-guidata. Pubblica nel 2015 il primo saggio sul tema dal titolo "I Geni Manipolati di Adamo" (Uno editori), libro pubblicato anche in Francia.

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